• Dal Lunedi al Venerdi 09:00 - 19:00

Lo zafferano può frenare una grave malattia degenerativa della vista, la malattia di Stargardt. È questo l’importante risultato di uno studio clinico senza precedenti condotto presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Università Cattolica, campus di Roma, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nutrients”.

Lo studio è stato coordinato dal professor Benedetto Falsini, professore associato dell’Istituto di Oftalmologia all’Università Cattolica e specialista presso l’UOC di Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, insieme alla professoressa Silvia Bisti dell’Università degli Studi dell’Aquila. “Tutto è nato dagli studi della collega Bisti  tanti anni fa – afferma il professor Falsini – con la quale collaboro da anni e a cui sarò sempre molto grato”.

In questo trial clinico, il primo in assoluto, sono stati coinvolti 31 pazienti con malattia Stargardt trattati con 20 milligrammi al giorno di zafferano in compresse. I pazienti hanno assunto lo zafferano per sei mesi e poi una sostanza placebo per i successivi sei. Durante i sei mesi di trattamento la funzione visiva si è mantenuta stabile mentre tendeva a deteriorarsi durante l’assunzione del placebo.

Si tratta di una nuova dimostrazione dei potenti effetti terapeutici dello zafferano, in studio da anni. Nell’uomo l’efficacia del trattamento con zafferano è stata dimostrata in pazienti con degenerazione maculare legata all’età (DMLE) in fase iniziale o mediamente avanzata non essudativa, dal professor Falsini e confermata in trial clinici di altre università e Paesi.

Studi condotti presso altri centri, non solo presso il Gemelli, mostrano che l’integrazione per bocca con zafferano nella fase della DMLE iniziale o intermedia ha un effetto benefico sulla funzione visiva e sulla progressione della malattia”, ha concluso Falsini.

La malattia di Stargardt è una degenerazione ereditaria della ‘macula’, il centro della retina. I sintomi consistono soprattutto nella riduzione della visione centrale (quella che consente di riconoscere i visi, leggere, guidare etc), che inizia durante l’adolescenza o, comunque, in giovane età (prima e seconda decade di vita). I pazienti inoltre possono lamentare disturbi nella percezione dei colori (discromatopsia), macchie nere nel campo visivo (scotomi centrali) e intolleranza alla luce (fotofobia). La malattia è provocata da ‘errori’ (mutazioni) del gene chiamato ABCA4, il cui malfunzionamento provoca disfunzione e perdita delle cellule retiniche (i cosiddetti fotorecettori coni e bastoncelli). La malattia compare quando l’individuo ha entrambe le copie del gene con le mutazioni. La progressione della malattia è correlata a fenomeni neuroinfiammatori indotti dal crescente stress ossidativo (i radicali liberi).

 

fonte:Redazione Informasalus.it