La farina di grano arso nasce dalla tradizione contadina (e povera) nella Daunia pugliese di raccogliere i chicchi di grano rimasti a terra dopo la mietitura e la bruciatura delle stoppie. I chicchi di grano bruciati raccolti venivano macinati in mulini a pietra o nei mortai a mano ed uniti con una percentuale di farina bianca: così i contadini riuscivano ad ottenere un buon quantitativo di farina per la cucina, comprandone solo una piccola parte (tra l’altro a prezzi proibitivi).

Quando l’impero dei latifondi è andato sparendo e comprare la farina per i contadini era più facile, il grano arso è sparito dal consumo. Il suo ritorno, recente di qualche anno, si deve a ristoratori e produttori che ne hanno riscoperto l’uso. Naturalmente quello prodotto attualmente è ottenuto in maniera diversa dall’originale, ovvero sfruttando la tostatura e non la completa bruciatura del grano. Quel che si ottiene, però, è pur sempre una farina dal gusto particolarissimo e dal colore scuro che caratterizza poi il prodotto finito. 

La farina è caratterizzata da sentori di affumicato e tostato che da soli già danno una identità al prodotto e ne aromatizzano le preparazioni. Naturalmente vista la sua intensa caratterizzazione gusto-olfattiva e la carenza di glutine, difficilmente viene utilizzata sola tal quale, ma miscelata con altre farine che generano glutine. Ne basta una percentuale del 30% sul totale per caratterizzare focacce, pane, paste fatte in casa.

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