Il drop out, ovvero abbandono della terapia, è un fenomeno con cui tutte le discipline mediche si trovano a doversi confrontare. Le motivazioni che inducono ad interrompere il trattamento spesso sono riconducibili a caratteristiche cognitive e/o comportamentali, messe in atto in maniera più o meno consapevole, che creano una resistenza al buon esito del percorso terapeutico.
Per quanto riguarda il trattamento dei disturbi del peso e dei disturbi del comportamento alimentare gli atteggiamenti più “a rischio” possono essere così riassunti:
• Aspettative irrealistiche: il paziente pensa che, una volta iniziato il trattamento, il dimagrimento sarà veloce e senza costi emotivi. Oppure il paziente pensa che, una volta perso peso, la sua vita cambierà subito in meglio, attribuendo così implicitamente tutte le difficoltà della sua vitaunicamente all’eccesso di peso.
• Nel primo caso l’abbandono della terapia avviene dinnanzi alle prime difficoltà a mantenere l’adesione al programma, nel secondo avviene con la presa di coscienza che i propri problemi non dipendono esclusivamente dall’eccesso di peso. L’operatore esperto, sia esso dietista, medico o psicologo, saprà indagare le aspettative del paziente per poi verificarne la realizzabilità ed eventualmente dedicarsi all’elaborazione di obiettivi raggiungibili.
• Bassa autostima: il paziente è motivato ad iniziare il trattamento ma non possiede autostima sufficiente a credere nella possibilità di ottenere un cambiamento significativo e costante. In questo caso il drop out si potrà verificare ogni volta che il paziente incontra una difficoltà, a suo giudizio, insormontabile. Tuttavia con un programma personalizzato, obiettivi brevi e raggiungibili ed un operatore preparato e “rinforzante”, questo ostacolo può agilmente essere superato delegando eventulamente allo psicologo, qualora fosse necessario, il compito di approfondire l’indagine sulla bassa autostima.
• Scarsa motivazione: la motivazione può essere “interna” quando è nel paziente, ed “esterna” quando è data da eventi o da persone al di fuori del paziente. Entrambi questi tipi di motivazione possono essere sufficienti per perseguire l’obiettivo prefissato; tuttavia, essendo la motivazione “interna” meno soggetta a variazioni repentine e soprattutto sempre a disposizione e a supporto dell’individuo in quanto “in lui”, rappresenta indubbiamente una delle caratteristiche maggiormente prognostiche di buona riuscita. Risulta chiaro come, d’altra parte, la scarsa o addirittura inesistente motivazione, incarna probabilmente uno degli ostacoli più difficili da superare in corso di trattamento in quanto il paziente non motivato non ha alcuna spinta a superare anche la benchè minima difficoltà.
• Presenza di psicopatologie associate: se il soggetto si presenta con una richiesta esclusivamente di tipo alimentare pur essendo affetto da un disturbo psicologico (disturbo dell’umore, disturbo d’ansia, psicosi, ecc.) – non in trattamento -, può accadere che la sintomatologia psicopatologica interferisca in maniera tale da determinare essa stessa il drop out (per es. la depressione dell’umore può interferire con la capacità di concentrazione sugli obiettivi prefissati, il disturbo d’ansia può rendere il paziente incapace di sostenere il programma alimentare, ecc.).

Inabilità a fronteggiare le situazioni ad alto rischio: in questo caso il paziente perde completamente il controllo. Tale perdita può avvenire in due tempi:
• 1. Catena di eventi che dall’incontro di una situazione ad alto rischio (situazioni sociali, contesto familiare sfavorevole, stati emotivi negativi) conduce alla prima “scivolata”;
• 2. Catena di eventi che dalla prima “scivolata” conduce alla ricaduta.
• In presenza di una situazione ad alto rischio non è detto che automaticamente si verifichi la perdita di controllo; ciò dipenderà dal fatto che siano messe in atto o meno specifiche modalità di risposta comportamentali o cognitive definibili come risposte che permettono all’individuo di fronteggiare una situazione ad alto rischio senza sperimentare la ricaduta. Se l’individuo riesce a far fronte efficacemente alle situazioni a rischio, usando appropriate risposte di “gestione”, continuerà a sperimentare un efficace senso di autocontrollo e svilupperà un’elevata autoefficacia tale che le possibilità di andare incontro alla ricaduta diminuiranno sensibilmente.
• Eccessiva rigidità e mancanza di piacere: quando prevalgono i “devo” ai “voglio” il soggetto si può sentire deprivato e ci sono buone possibilità di andare incontro ad un bisogno di gratificazione immediata per bilanciare tale squilibrio.
• In un soggetto che cerca di controllare il peso corporeo, da un punto di vista somatico il bisogno di gratificazione immediato è sperimentato come un appetito o un impulso verso un determinato cibo (magari il cibo preferito o legato ai ricordi dell’infanzia), mentre da un punto di vista cognitivo questo bisogno fa sì che l’individuo prenda una serie di decisioni apparentamente irrilevanti che inevitabilmente lo condurranno ad una situazione ad alto rischio: es. comprerà dolci per eventuali ospiti.
• Mancato raggiungimento degli obiettivi di peso corporeo e degli obiettivi primari: in molti casi la ricaduta non è legata solo alla mancanza di abilità o ad uno stile di vita sbilanciato, ma ad alcuni processi cognitivi specifici che spesso si verificano nell’individuo che cerca di dimagrire.
Un primo processo è legato al non raggiungimento dell’obiettivo del calo di peso corporeo desiderato e degli obiettivi ad esso associati. Il secondo è legato alla negazione o alla non considerazione della necessità di acquisire abilità di mantenimento del normopeso e dell’equilibrio raggiunto, con il conseguente ritorno alle abitudini alimentari precedenti e il recupero del peso.

Molte volte invece può presentarsi la cosiddetta: “Eclissi”

Entrare in “Eclissi” significa nascondersi temporaneamente. Questo è un meccanismo psicologico che viene spesso attuato da un soggetto obeso che non riesce a mantenere il controllo della propria alimentazione e che non riesce più a perdere peso o, peggio, aumenta di peso. La reazione psicologica porta la persona al rifiuto di pesarsi ed a disdire il successivo controllo o spesso a non presentarsi all’appuntamento, per un senso di colpa o di soggezione.
Durante il periodo di assenza, a volte molto lungo, la persona riacquista peso superando molto spesso quello di partenza.
Quando la persona obesa entra in Eclissi si comporta come un’automobilista che avendo paura di andare fuori strada chiude gli occhi: certamente andrà nel fosso o contro mano. Poichè nessuno alla guida dell’auto può mantenere un’andatura perfettamente rettilinea se chiude gli occhi, anche il soggetto obeso deve imparare a tenere gli occhi aperti e il sistema di controllo attivo per effettuare quelle piccole correzioni di direzione che gli permettono di mantere i risultati nel tempo.
Per questo un supporto terapeutico settimanale o quindicinale ha, tra gli altri, lo scopo di individuare i motivi del momentaneo scivolone aiutando la persona a costruire dei percorsi più sicuri.
Attraverso i controlli periodici, identificando le situazioni a rischio per un “drop out” e i comportamenti errati, si può imparare a gestire al meglio il proprio percorso di dimagrimento evitando gli scivoloni o imparando a rialzarsi subito.

Fonte parziale: obesita.org