Una mancanza di equilibrio tra assunzione di energia e dispendio energetico dovuta a eccesso di cibo o ridotta attività fisica non sembra spiegare completamente l’epidemia di obesità e sono quindi in fase di valutazione ulteriori fattori che favoriscono l’eccesso ponderale.

Tra i possibili colpevoli, viene indagato il nichel (Ni), un metallo pesante onnipresente implicato in diverse condizioni di salute. Riguardo a ciò, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha recentemente rilasciato una segnalazione sui possibili effetti deleteri del Ni alimentare sulla salute umana, dati gli attuali livelli di assunzione di Ni in alcuni paesi.

Dove si trova? Un po’ dappertutto, e tra gli alimenti ne sono ricchi cacao e cioccolato, semi di soia, farina d’avena, farina di mais, farina integrale, noci, mandorle, legumi freschi e secchi, rabarbaro, cipolle, spinaci, asparagi, cavolfiore, pomodori, margarina, pere, crostacei, molluschi… Per i vegetali, dipende molto da dove sono stati coltivati in quanto il Ni può essere un inquinante delle acque.

Può essere anche contenuto in certe leghe metalliche (per esempio l’acciaio degli strumenti da cucina e le monete).

Studi preclinici l’hanno anche suggerito come importante distruttore endocrino e hanno collegato la sua esposizione al metabolismo energetico e alla disregolazione dell’omeostasi del glucosio.

L’allergia al Ni è comune nella popolazione generale, ma i dati preliminari suggeriscono che sia ancora più diffusa tra i pazienti in sovrappeso.

Lo scopo di questo studio condotto dai ricercatori del Department of Experimental Medicine, Università La Sapienza di Roma, è stato quello di valutare la presenza di allergia al Ni e la sua associazione con il profilo metabolico ed endocrino in individui sovrappeso e obesi.

I ricercatori hanno valutato 1128 pazienti consecutivi in ​​sovrappeso e obesi. 784 sono stati sospettati di essere allergici al Ni, in 666 ne è stata valutata la presenza tramite patch test.

Risultati interessanti: l’allergia al Ni è più frequente in presenza di eccesso di peso ed è associata a parametri metabolici peggiori e a ridotta secrezione dell’ormone della crescita.

Sono i soggetti obesi di sesso maschile a sembrare più inclini a essere sensibili al Ni, contrariamente rispetto a ciò che solitamente si osserva nella popolazione generale, dove i soggetti maschi sono di gran lunga meno allergici rispetto alle donne.

I ricercatori riportano che i pazienti che sono allergici al Ni sono più pesanti, hanno una composizione corporea peggiore, alterata omeostasi del glucosio e aumento dell’infiammazione, suggerendo un ruolo significativo del Ni in tali differenze.

E’ inoltre probabile che l’infiammazione di basso grado e la tossicità diretta indotta da Ni siano fattori di rischio additivi per la compromissione metabolica insieme ad altri e all’obesità stessa.

E’ stata rilevata una funzione compromessa nell’asse GH-IGF-1 in tutti i pazienti allergici al Ni: questo può essere parzialmente spiegato dallo stato di omeostasi del glucosio significativamente diverso di questo gruppo, dove l’insulina è più alta nel gruppo allergico. Infatti, evidenze solide in letteratura suggeriscono che l’iperinsulinismo sopprime la produzione di GH attraverso azione pituitaria diretta sulla sintesi e il rilascio di GH e azione indiretta tramite modulazione della funzione ipotalamica, alterazioni della disponibilità di IGF-I e / o soppressione dei livelli di grelina circolanti.

In conclusione, questo studio suggerisce una maggiore presenza di allergia al Ni nei pazienti italiani obesi e un possibile collegamento tra obesità, disregolazione ormonale e allergia / esposizione al Ni. Gli effetti tossici e immuno-mediati di Ni possono svolgere un ruolo sinergico nella genesi dell’obesità e della compromissione ormonale, ma occorre ancora rispondere a diverse domande al fine di comprendere il quadro completo e i meccanismi attraverso cui il Ni può esercitare tali effetti metabolici.

Gli autori del lavoro concludono che l’allergia al Ni è più comune nei pazienti obesi e riportano per la prima volta la sua associazione con parametri metabolici peggiori e funzionalità compromessa dell’asse GH-IGF1 in soggetti umani.

 

 

 

Autori:  Watanabe M, Masieri S, Costantini D, Tozzi R, De Giorgi F, Gangitano E, et al.

Fonte: PLoS ONE 13(8): e0202683. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0202683

Link della fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6112671/